Sul pircipizio, al bordo estremo, sul crinale,
spingo avanti i covalli a colpi di staffile,
mi manca l’aria, ingoio nebbia, bero vento,
in un’estasi di morte: scomparirò, lo sento.
Un po’ più piano, cavalli, un pò più piano,
non date ascolto a questa frusta tesa,
cavalli bradi ho avuto dal destino,
non ho più tempo per giungere alla fine della mia vita e della mia canzone.
Abbeverarò i cavalli, così potrò cantare un’altra strofa
e sul bordo restare per un momento ancora.
Scomparirò, un uragano sarò a portarmi via,
al galoppo su nna slitta nella neve dell’aurora,
ma voi, cavalli miei, riducete l’andatura
e allungate un po’ la strada per l’ultima dimora.
Un po’ più piano, cavallli, un pò’ più piano,
con voi non serre né frusta né staffile,
cavalli bradi ho avuto dal destino,
non ho più tempo per giungere alla fine della mia vita e della mia canzone.
Abbeverarò i cavalli, così potrò cantare un’altra strofa
e sul bordo restare per un momento ancora.
Non si arriva mai in ritardo se ci riceve Dio,
ma le voci degli angeli perché sono cattive?
È il singhiozzo che stona lo scampanellio
o le mie urla per condurvi altrove?
Un pò’ più piano, cavalli, un pò’ più piano,
che il galoppo non si trasformi in volo,
cavalli bradi ho avuto dal dentino,
non ho più tempo per giungere alla fine della mia vita e, della mia canzone.
Abbeverarò i cavalli, così potrò cantare un’altra strofa
e sul bordo restare per un momento ancora.
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