Il mio uomo nero in doppiopetto grigio
Che sia burocrate, sbirro o ministro
Bussa alla porta, inatteso e ligio
Cambia di maschera come un clown sinistro
Mentre mi spezza le ali mi sorride
E mentre grido mi guarda cattivo
Per l’impotenza la voce mi stride
E grazie tante se ancora sono vivo
Mi faccio calma, allungo la scena
Chiedo consiglio ad un santone indiano:
Tutto ha una fine, anche ‘sta catena
E poi mi esplode l’urlo, mi dimeno.
Attorno a me l’isteria chiama la gogna
“Guarda che viaggi, a Parigi che fa
E i dirigenti stanno zitti? Vergogna!
Ci fosse ancora quello di qualche anno fa!”
Le voci salgono calunniosamente
Su come faccio denaro e vacanze
Vi lascio tutto, anche immediatamente:
Del mio regno vi do tutte e tre le stanze!
Certi miei amici, poeti laureati
Paternalistici danno lezioni
“I versi è meglio tenerseli appuntati
E non buttarli al vento delle canzoni”
Io reggo a malapena me stesso
È alla morte che parlo e che ascolto
Era già un pezzo che mi veniva appresso
Ma la mia voce rauca la spaventa molto
Son sempre pronto per gli appuntamenti
Ed a domanda rispondo come so
Io con la vita ho già fatto i miei conti
E mi trascino il fardello da mo’
Fra il sacro e il falso la so la differenza
E chi ha provato non me l’ha divelta
Sulla strada che mi avanza, io avanzo
Che per fortuna non ho avuto scelta.
|