Qui non siamo in pianura, non c’è temperatura che tenga, valanga dopo valanga la caduta di pietre non la smette di rimbombare. Si potrebbe deviare e aggirare l’anfratto ma prendiamo il tragitto più avverso, rischioso come un percorso di guerra. Chi non è mai venuto, chi non ha mai rischiato non ha mai messo alla prova se stesso. E se anche giù in basso mostrava valore in basso non puoi osservare, qualsiasi cosa tu faccia durante una vita, nemmeno una faccia di questa bellezza infinita. Niente rose scarlatte né nastri di lutto. Non sembra affatto un monument la parete che in questo momento li regala la quiete, Come fiamma perenne brilla il giorno più caldo sopra il ghaccio smeraldo della vetta che non hai conquistata. Lasciateli dire, si, lasciateli dire che tanto nessuno muore mai inrano. Meglio così di chi muore di vodka o raffreddore. Qualcun altro verrà scambiando la comodità per il rischio e la schiena spezzata. Verra a continuare la via da te cominciata. Hai un muro davanti, suvvia, stiamo attenti! Non far conto in montagna sulla sorte benigna, sulla pietra, sul ghiaccio o la roccia: noi soltanto confidiamo sulla forza della mano, sulla mano dell’amico e sui ganci ben franchi e preghiamo perché la sicurezza non manchi. Scaviamo scalini, non un passo all’indietro e poi le tensioni fan tremar le ginocchia, E ill cuore che picchia per uscire dal petto e balzar sulla vetta. E tu sei soddisfatto, tutto il inondo è ai tuoi piedi e soltanto un po’ invidi chi ancora ha in vista una nuova conquista.
© Sergio Secondiano Sacchi. Traduzione, 1992