Ci siamo lascniti dietro solo crolli e tramonti, ci fosse almeno un volo, soltanto uno solo, che so, dei più leggeri... spero solo che questi nostri giacconi neri ci permettano, almeno per uno volta ancora, di vedere un’aurora. Oggi ci hanno detto, davanti a tutti quanti, di morire eroicamente: d’accordo, proveremo, stiamo un po’ a vedere quel che si può fare. Ma ho pensato, fumando la cicca del vicino, che ognuno fa soltanto ciò di cui è capace, per quanto mi riguarda, quello che mi piace è il rivedere un’aurora per una volta ancora. Per un guastatore è uno speciale onore un commando speciale; non saltatemi addosso impugnando un pugnale, non è il caso, adesso, di stare li a sprecarsi: pur con la gola squarciata io ce la farò ancora a vedere un ’aurora. Abbiamo attraversato le loro retrovie, è stato duro davvero non sgozzare il nemico sorpreso assopito; ma, tagliando coi denti il filo spinato, ho notato all’istante un gerasole intontito, aperto, emotivo con la testa festante già volta a levante. Mezz’ora dopo le sei, dietro alle spalle non sono rimasti solo crolli e tramonti, ma anche voli ed aurore; con una smorfia, fra i denti mi passo un filo con cura. Non ho visto l’aurora, ma ancora pochi istanti e l’avrei avuta davanti. Sui suoi passi fa ritorno il commando decimato e ciò che è avvenuto ha ben poca importanza, quello che importa è che il forte è saltato. Mi resta la speranza che questo sporco lavoro vi permetterà ora, senza alcuna barriera, di rivedere l’aurora.
© Sergio Secondiano Sacchi. Traduzione, 1992