In fede, son benfatto, riguardo alla persona e a mio padre e mia madre va ill mio ringraziamento. Rispetto ogni persona, non ne ho mai offesa una, ina non m’inchino mai, ho un certo portamento. Alleno la mia vita a una discreta nonscialanza, le mie mani son d’ausilio alla massa cerebrale,             quello che ho vissuto s’e perso in lontananza e, visto mezzo mondo, eccomi a Mosca nel mio ovile. Magari non saranno preziosa mercanzia, però questi anni miei non son da buttar via. Mi capita un bel giorno che incappo in un bel capo, in un reclutatare di quelli più capaci ed eccomi partito, partito con lo scopo di oltrepassare l’Ural, ben oltre le sue foci. La strada. E sulla strada il MAZ, come un trattore. è zeppo di pantano, in cabina non c’è luce e il mio compagno, accanto, non parla da due ore; neanche mi da il cambio: mi sto facendo truce. Con cinquecento miglia dietro le nostre spalle e cinquecento miglia davanti alle pupille. E i suoi deuli danzano la danza delle spade, sappiamo tutti e due qual è il comandamento: portare il nostro MAZ, qualsiasi sian le strade e raggiungere il cantiere, con la neve o con il vento. La nostra professione è: andare e poi andare, domani è l’anno nuovo, c’è poco da giore. Con cinquecento miglia dietro le nostre spalle e cimquecento miglia davanti alle pupille. Invano suono il clacson: non c’è unitila viva. è una vera bufera. Mi fa: spegni il motore, non ci si può far niente, non c’è un’alternativa. ormai è tutto chiaro, e il MAZ può anche crepare! Con cinquecento miglia che abbiamo di deserto tutto intorno a noi, e nella notte scura ti inghiottirà la neve; ti troverai coperto da un bel lenzuolo bianco: non serve sepoltura. Allora lo rimbecco: basta con ’sta lagna! Prende la chiave inglese, mi fa la faccia storta... per farla in breve, insomma: direi che si rincagna. Di cinquecento miglia, proprio non gliene importa. Chi seguirà, vedrà; stabilirete voi chi avesse la ragione, o il torto, tra di noi. Mangiava alla mia mano, come uno di famiglia, e ora che mi osserva ho i brividi alla schiena, e allora realizzo: con cinquecento miglia di niente intorno a noi, chi si darà la pena, chi si preoccuperà di stabilire, poi, cos’era lui per me, cos’ero io per lui? Nella notte è scomparso, io non ho mosso un dito, dopo essermi sdraiato ecco che ritorno a rivedere in sogno il mio passato lieto, ma ho sinquecento miglia di nuovo tutto intorno. Cerso allora un’uscita, ma non ne esiste una, e c’e un’entrata sola, ma è mica quella buona. È semplice il finale: il soccorso è poi arrivato con tutto il necessario, dottore e attrezzatura, il MAZ arriverà là dovè era assegnato. C’è anche lui, tremante. Riparte l’avventura. E dal momento che non sono un tipo astioso sopra l’autocarro di nuovo l’ho ripreso.
© Sergio Secondiano Sacchi. Traduzione, 1992