niente male, un terzo della mia vita ho vissuto come un apprendista i primi vent’anni spensierato ma non troppo incapace navigando a pelo d’acqua e a favore di vento va tutto bene, mi dicevo, non ho poi così bisogno di remare sono tranquillo qui, le vespe, le zanzare, le sanguisughe mi hanno fatto sudare ma non mi hanno avuto, ah, gli idioti! e improvvisamente ecco degli esseoesse dall’argine, un grido di sconforto "aiutatemi, soccorso" ma non contate su di me ho già inghiottito troppo, non mi muovo più, io resto qua scricchiola dappertutto, risuona, cigola, raschia e turbina e io non ascolto, mi specchio nell’acqua sono contento, mi trovo bello e bevo la mia barca fila e io vado alla deriva, vedo sfilare la riva mi aggrappo alla bottiglia e mi scolo ancora un goccio ma c’è qualcuno nella stiva! un’orribile vecchia! e mentre mi stupisco, la nebbia mi disarciona e io casco in una sudicia buca e l’orrenda, enorme vecchia scoppia a ridere nel mio orecchio, oh, l’orribile gufo! grido, farfuglio e urlo, non sento neppure il suono della mia voce sono perduto! un soffio ghiacciato mi decompone "chi è là?" grido, mi si risponde: "io, sono io, l’adunca" a che pro fare il segno della croce lamentandoti, la santa vergine e il santo sacramento non ti salveranno, a te che lasci i remi, molli tutto e sciupi ogni cosa, è sempre stato così barcollo nel buio, ancora un sorso una sorsata solamente, l’adunca non si addormenta pesante, cammina davanti a me dondolando barcollando l’obesa creatura spezza radici e rami grassa e affannata ma mai abbastanza morta che il diavolo la porti, non mi abbandona improvvisamente, ecco che mi si avvicina una zoppa dai denti uncinati e dall’aria astuta "non piangere buon uomo" mi borbotta, "mio povero malato, ubriacone mio io ti consolerò!" ho gridato "ma chi sei tu?" lei disse "sono la gobba posso acchiapparti anche se sono storta e brutta, cieca da un’occhio e deforme, con le mani a uncino ti porterò via" ho urlato, strappandomi l’anima "sono finito in un buco infame vieni a sganciarmi! ah, gobba, vieni qua, giuro aggiusterò le tue storture per ringraziarti!" e tu, l’obesa, la grossa donnona, c’è un po’ di verità in un bicchiere questo dovrebbe curarti, è duro essere sformata così una decina di bicchieri ti renderanno leggera e le due vecchie si accasciano ai piedi della bottiglia ubriache da morire, io mi nascondo durante questo tempo, guardo dappertutto e poi me la svigno, desolato di lasciarvi! là vicino c’è la mia scialuppa e dietro di me, tremolanti, urlanti e mostruosi affrettano il passo i miei due orchi, i miei due destini: la laida e la gobba ho remato veramente come un pazzo nelle cadute, controcorrente ah, sono astuto! non sono fortunato, non sono altro che un pigro ma io l’ubriacone, il turbolento, ne sono uscito! la vita è una consolazione, non c’è neanche più bisogno di remi io non remo, no, non remerò più, la gobba e la laida indispettite, ubriache e senza fiato, sono sparite!
© Flavio Poltronieri. Traduzione, 2012