Camminavo, mi muovevo, appoggiandomi a volte sui talloni, a volte sulla punta dei piedi, Sto sentendo - sto respirando - e divento più bello... Ma di colpo l’angoscia - pena struggente Ingegnandosi, mi è saltata al collo come un serpente velenoso. Io non la conoscevo nemmeno, andavo di città in città, E lei mi sussurra: “Quanto ti stavo aspettando!...” E ora come faccio? Dove vado? A che pro e anche quando? Sono stato io a mettermi con lei, senza volerlo. Camminare da solo - magari, potrei ancora farlo, Sono io l’arbitro, il signore - padrone di me stesso. Mi sono attaccato da solo sotto le stanghe al posto del cavallo, Semplice all’apparenza, e astuto dentro. Non sto calunniando, come una zecca velenosa Mi sono attaccato a me stesso, mi sto dando una scrollata Mi sto flagellando da solo e mi sto frustando da solo, Perciò, nessuna contraddizione. Destino, fammi un dono o fammelo almeno a pagamento! Prometto di pagarti i tributi fino alla bara. La mia tristezza, la mia angoscia - carogna tisica, Un male così tenace da non credere! Al mattino non fiata, per quanto la si frusti con i flagelli E di notte - paf! - si infila nel mio letto. Almeno una notte, vai a dormire con qualcun altro, Ti giuro che non sarò geloso!
© Irina ?. Traduzione, 2016